“Sono uno stupido!”, “Sono un fallimento!”, “Sono debole!”, Non faccio mai niente di buono!”
Questi sono solo alcuni esempi di un dialogo interno caratterizzato da pensiero autocritico. Tali pensieri sono fortemente associati a sentimenti di inferiorità, indegnità, fallimento e senso di colpa e a una sensazione di non essere mai “abbastanza buoni”. Possono riguardare giudizi sulle proprie capacità e sulle proprie prestazioni, ma anche su caratteristiche personali quali intelligenza e aspetto fisico.
Il pensiero autocritico e le sensazioni ad esso associate sono spesso scatenati da eventi specifici interpretati in maniera catastrofica e negativa. Ad esempio una persona incline all’ansia sociale potrebbe osservare l’espressione facciale di una persona durante un incontro e rapidamente diventare sopraffatta da sentimenti di indesiderabilità.
La predisposizione all’autocritica ha origine nelle nostre prime relazioni.
Può derivare da una famiglia centrata sulla performance e con aspettative molto alte, da insegnanti o allenatori rigidi e molto critici o da vissuti di confronto sociale svantaggiosi, come può ad esempio avvenire di fronte ad un fratello che eccelle in un campo e che viene continuamente lodato per i suoi successi. Anche religione e cultura possono renderci estremamente esigenti verso noi stessi e favorire sensazioni di non efficacia. Fin dalla nascita impariamo ad accettare che il nostro comportamento venga costantemente valutato e veniamo esortati a migliorare le nostre prestazioni.
Le esperienze precoci possono così contribuire a sviluppare una tendenza al perfezionismo volto ad evitare la vergogna e il giudizio negativo.
Purtroppo avere standard irragionevoli diminuisce drasticamente la possibilità di soddisfare le proprie aspettative e di conseguenza di incrementare il pensiero autocritico e auto-svalutativo.
NON CONFONDIAMO L’AUTORIFLESSIVITA’ CON L’AUTOCRITICA.
La capacità di auto-riflessione è una qualità chiave dell’essere umano. Tale riflessione può essere utile quando implica una valutazione oggettiva di noi stessi, può aiutarci a osservare il quadro generale della nostra vita, identificare i valori, supportare il processo decisionale e sostenere la nostra motivazione per raggiungere un obiettivo.
L’autovalutazione costruttiva ci offre informazioni su cosa è andato storto e cosa potremmo fare diversamente la prossima volta. Si concentra sul compito con un’attenzione oggettiva alle caratteristiche del compito e alle nostre azioni. Ad esempio, ripensando ad una verifica o ad un esame potremmo osservare che non abbiamo scritto quanto volevamo o che non eravamo sicuri di alcune domande. L’autovalutazione comprende la revisione di ciò che è andato storto allo scopo di migliorare la prestazione la volta successiva, riprendendo l’esempio dell’esame potremmo prestare maggiore attenzione ad alcuni argomenti o iniziare prima a studiare per non dover tralasciare alcune parti.
Al contrario, l’autocritica implica una riflessione automatica umiliante, svalutante e distruttiva. Facendo riferimento all’esempio sopra, l’autocritica potrebbe portarci a fare considerazioni sulle nostre capacità in generale o su di noi come persone. Di conseguenza, poi potremmo all’estremo decidere di abbandonare gli studi e facendolo eviteremo non solo la possibilità di errori futuri, ma il disagio emotivo e fisico associato alle critiche.
Così l’autocritica ci allontana dall’auto-riflessione costruttiva e può alimentare la ruminazione che favorisce depressione e ansia. L’autocritica focalizza la nostra attenzione verso l’interno e inibisce la nostra capacità di essere pienamente presenti e impegnati assertivamente nelle nostre vite.
Mentre l’autovalutazione ci spinge avanti nella vita, l’autocritica ci spinge a ritirarci o addirittura a isolarci. Potrebbe diminuire i nostri tentativi di miglioramento, sia che si tratti di intraprendere nuove attività, che di creare nuove amicizie o di sviluppare nuove competenze.
PENSIERO AUTOCRITICO E RABBIA.
L’autocritica può generare una varietà di emozioni tra cui vergogna, senso di colpa, tristezza, rabbia, frustrazione, delusione e disperazione. Allo stesso tempo, l’autocritica può derivare da un continuo senso di rabbia verso se stessi.
La rabbia deriva da una qualche forma di minaccia. Può essere innescata da eventi esterni – le azioni di altri o forze che sfuggono al nostro controllo – che minacciano le nostre risorse, il nostro benessere fisico, emotivo o le persone che amiamo. L’autocritica rappresenta una minaccia che imponiamo a noi stessi. Comporta un dialogo interiore critico in reazione a qualcosa che sta andando male o che non soddisfa le nostre aspettative. Mentre la rabbia diretta verso l’esterno è spesso radicata in aspettative irrealistiche o rigide verso gli altri, l’autocritica è basata su aspettative irrealistiche e rigide verso noi stessi.
Come la rabbia, l’autocritica è una reazione ad alcuni eventi scatenanti che vengono vissuti come minacciosi. Questi potrebbero includere, per esempio, sentirsi ignorati da altri ad una festa, osservare gli altri raggiungere obiettivi, o vedere una foto di amici che si divertono sui social media.
L’autocritica, derivante dalla minaccia percepita, è di per sé una minaccia. Una donna molto autocritica potrebbe ad esempio diventare la vittima del suo aspro critico interiore sentendo che la sua migliore amica si sposa, ha avuto un figlio o ha pubblicato il suo libro e sperimentare di conseguenza un’ondata di sentimenti di inadeguatezza, fallimento e frustrazione.
COME GESTIRE I PENSIERI AUTOCRITICI.
Spesso il pensiero autocritico è sostenuto da una profonda convinzione che se siamo davvero duri con noi stessi su ciò che abbiamo fatto o non fatto, su chi siamo e come dovremmo essere, saremo in grado di diventare le persone che dovremmo essere.Ma funziona veramente così?I ricercatori suggeriscono probabilmente no. Kelly McGonigal della Stanford University ha scoperto che l’autocritica è in realtà molto più distruttiva che utile. In una serie di studi sono state seguite centinaia di persone che cercavano di raggiungere una vasta gamma di obiettivi, dalla perdita al peso, al raggiungimento degli obiettivi accademici, al miglioramento delle relazioni sociali o delle prestazioni lavorative. I ricercatori hanno scoperto che le persone con più alta tendenza all’autocritica, facevano progressi più lentamente e avevano meno probabilità di raggiungere il loro obiettivo.
Sentendoci minacciati e demoralizzati, l’ autocritica sembra frenare i nostri piani di agire, lasciandoci bloccati in un ciclo di elucubrazione, procrastinazione e disgusto di sé.
Ma c’è un’alternativa?
Se comprendiamo che l’autocritica anziché proteggerci e spronarci ci danneggia, possiamo iniziare a sostituirla con un pensiero più “auto-compassionevole”. Lungi dall’essere auto-indulgenti o “soft”, dovremmo pensare al discorso auto-compassionevole come ad una guida saggia e solidale, o ad un amico gentile che ci incoraggia a vedere le cose in un modo più chiaro ed equilibrato, che ci aiuta a ricordare che nessuno è perfetto e ad essere gentili, comprensivi, e responsabili di noi stessi.
L’auto-compassione così intesa ci aiuta a generare più sentimenti positivi che bilanciano le nostre paure e si è dimostrata un mezzo efficace per migliorare la nostra motivazione, le prestazioni e la capacità di recupero.
COME PUOI PRATICARE PIU’ AUTOCOMPASSIONE?
Un suggerimento potrebbe essere quello di identificare ciò che vuoi veramente pensando al modo in cui usi l’autocritica come motivatore (sono troppo sovrappeso, sono troppo pigro, sono troppo impulsivo) perché pensi che essere duro con te stesso ti aiuterà a cambiare . Quale linguaggio userebbe un mentore o un amico saggio e amorevole per sottolineare come il tuo comportamento è improduttivo, incoraggiandoti a fare qualcosa di diverso? Qual è il messaggio più supportivo che puoi pensare che sia in linea con il tuo desiderio di essere sano e felice in relazione a questi cambiamenti? Scrivi questo pensiero e mettilo da qualche parte dove lo puoi vedere ogni giorno.
Anche creare un mantra di auto-compassione può essere utile in alcuni casi. Se la tua voce autocritica ti ricorda costantemente che non sei abbastanza bravo, puoi iniziare a sostituirla con un pensiero più realistico e funzionale come: “Nella maggior parte delle situazioni fai meglio di quanto ti aspetti”. Questo tipo di promemoria può aiutare a rallentare la spirale negativa di paura e insicurezza e a prendere coscienza di ciò che sta effettivamente accadendo.
In alcuni casi superare l’autocritica può anche richiedere consulenza o psicoterapia. Questo è particolarmente vero quando manteniamo la convinzione che questo tipo di pensiero sia essenziale per motivarci. La cosa più importante da ricordare è il fatto che, con pazienza, pratica e impegno, possiamo rafforzare la nostra capacità di autovalutazione costruttiva e ridurre sia la presenza che l’influenza del nostro pensiero autocritico.
Dott.ssa Elena Grassi
Psicologa e Psicoterapeuta
References
Neff, K & Germer, C. (2019) Kind to me. Excerpt in Mindful, vol.6 (6)