DEPRESSIONE POST PARTUM O BABY BLUES? Come riconoscere i diversi fenomeni che possono colpire le donne dopo la gravidanza.

 

La gravidanza e il parto sono eventi stressanti che mettono seriamente in crisi l’equilibrio psicofisico della donna ma anche della coppia.

Diventare madri significa doversi adattare a molti cambiamenti, di natura fisica, emotiva e sociale. La maggior parte delle madri ha difficoltà nell’adattarsi al suo nuovo ruolo e può sentirsi sopraffatta dalle richieste che le vengono poste. La società di oggi, che sempre più spesso lancia messaggi sbagliati e confusivi non aiuta la donna in questa delicata fase della vita. I “miti” sulla maternità posso infatti creare aspettative irrealistiche, che possono portare una madre in difficoltà a provare veri e propri sentimenti di fallimento.

Esiste un vero e proprio “spettro depressivo peri-partum”, che racchiude diverse manifestazioni che possono colpire la donna nel periodo della gravidanza e nel tempo successivo alla nascita del bambino. Ogni manifestazione ha caratteristiche specifiche ed occorre quindi l’assistenza di esperti del settore per riuscire a riconoscerle, differenziarle e poter adottare la giusta strategia di gestione.

Facciamo un po’ di chiarezza.

Cosa può succedere alla donna DURANTE la gravidanza?

Le donne in gravidanza possono sperimentare ansia e alterazioni del tono dell’umore. Questi aspetti possono esitare in una vera e propria forma depressiva, che spesso viene sottovalutata ma che sempre più frequentemente e presente nelle puerpere.

Se la donna inizia a sperimentare questi sintomi, soprattutto dopo la 32esima settimana, aumenta la probabilità di andare incontro a Depressione Post Partum nei mesi successivi alla nascita del bambino. Solitamente le donne sono preoccupate per il momento del parto, per il bambino o più in generale per il ruolo che sono tenute a rivestire da allora in poi, ovvero quello di “madre”.

Cosa può succedere alla donna APPENA DOPO il parto?

Tra le 24 e le 48 ore dopo il parto l’80% delle neomamme attraversano quello che è stato definito “baby blues” o “maternity blues”. È un fenomeno che ha esordio immediatamente dopo il parto e ha una durata massima di 2 o 3 settimane.

Come riconoscere il Baby Blues.

A causa del fisiologico squilibrio ormonale che segue il parto, la donna può manifestare continue oscillazioni tra stati emotivi differenti: è triste e piange “senza capirne il motivo” (alcuni si riferiscono alle crisi di pianto improvvise delle donne parlando di “lacrime della maternità”), un momento dopo si sente arrabbiata e non riesce a consolarsi, un minuto dopo ancora è in preda all’ansia e all’agitazione, per poi ritrovarsi serena ed euforica. Tutto questo è solitamente unito ad una sensazione di “dipendenza” dal neonato, che provoca inequivocabilmente un aumento della fatica, già molto presente in questo delicato periodo.

La donna percepisce inoltre un aumentato senso di responsabilità e, se ci sono stati imprevisti o se l’ambiente circostante (partner, familiari ecc.) non è supportivo ma è al contrario incoerente o contrastante, può sperimentare una seria difficoltà di adattamento.

Va sottolineato che il “Maternity Blues”, NON è una patologia psichiatrica, ma è una fase fisiologica di adattamento alla nuova condizione di vita della donna.

Cosa può succedere alla donna NEI MESI SUCCESSIVI al parto?

La depressione post-partum (DPP) è un quadro clinico complesso e gravemente invalidante che colpisce circa il 10-15% delle donne tra le quattro e le sei settimane dopo il parto.

Sebbene sia ormai di opinione pubblica che la DPP sia una forma depressiva frequente, con serie conseguenze nel breve e nel lungo termine sulla donna, sul bambino ma anche sulla coppia, rimane un disturbo notevolmente sotto-diagnosticato (circa il 50 % dei casi di DPP non sono riconosciuti).

Spesso l neomamme non considerano quello che sta accadendo loro come patologico ma tendono a considerare i sintomi che sperimentano (anche quelli più insoliti) come parte del normale processo di adattamento alla maternità. È possibile che le informazioni che hanno sulla difficoltà di questa nuova condizione di vita le spingano a minimizzare cosa sta succedendo loro. Inoltre il confronto sociale, oggi giorno agevolato anche dai social networks e dalla facilità di scambio delle informazioni, talvolta e controproducente: apprendere che molte altre prima di loro hanno vissuto la stessa esperienza e non hanno avuto problemi a fronteggiare le difficoltà, rischia di diventare estremamente invalidante e di acuire la sintomatologia depressiva.

È inoltre possibile che donne con già carenti abilità di espressione emotiva, si sentano bloccate e incapaci di chiedere aiuto, anche al partner o ai familiari, che spesso sono vogliono essere rassicuranti ma ottengono l’ effetto opposto. Sentirsi deboli e incapaci di gestire il neonato e avere intorno persone poco supportive che non comprendono l’enorme fatica che stanno facendo, può infatti esacerbare le convinzioni delle neomamme rispetto alla propria inadeguatezza.

È estremamente importante che chi lavora nell’ ambito della sale sia informato sui fattori prodromici nonché sulle modalità per accertarsi che la normale “fatica” e le difficoltà riportate non siano in realtà segni di un esordio di DPP. E altresì importante che le donne e j familiari siano informati e aiutati a riconoscere questi segni particolari ed intervenire tempestivamente quando e necessario.

Come riconoscere la Depressione Post Partum.

I sintomi della DPP possono essere facilmente confusi con un normale malessere transitorio dovuto al parto e all’adattamento alla nuova condizione di vita. I sintomi più comuni sono riassunti nella tabella sottostante. Sono sintomi persistenti, pervasivi e influenzano significativamente il funzionamento della persona.

SINTOMI della DPP

  • UMORE DEPRESSO
  • TRISTEZZA – CRISI DI PIANTO
  • SENTIRSI PRIVE DI VALORE
  • SENSO DI COLPA – AUTOBIASIMO
  • MANCANZA DI ENERGIE e IPERATTIVITA’
  • PERDITA DI INTERESSE NELLE ATTIVITA’ PIACEVOLI
  • IRRITABILITA’
  • DIFFCOLTA’ DI CONCENTRAZIONE
  • SENSO DI DISPERAZIONE – PESSIMISMO
  • PENSIERI DI MORTE

 

Le donne riportano frequentemente frasi come “ogni cosa ha perso il suo colore”, “non sono capace di fare niente”, “non mi interessa più niente” o anche “sto per esplodere”, “voglio andare via da qui”.
La mole di fatica a cui far fronte, infatti, non è immediatamente ripagata da quello che piano piano diventerà un vero e proprio legame di attaccamento. Spesso le donne credono che non appena vedranno il proprio bambino “dimenticheranno” la fatica e questo tipo di pensiero disfunzionale, troppo spesso presente nella mente delle donne, rischia di provocare una generalizzazione del malessere.

La donna, col tempo, inizia a pensare di non essere in grado di adempiere al ruolo di “mamma”, e pensieri quali “non sono in grado” o “non riesco a far smettere di piangere mio figlio, starebbe meglio senza di me”, compaiono spesso anche in concomitanza di fattori ambientali anche solitamente considerati “normali” (es. il bambino si sveglia e piange/non si attacca immediatamente al seno).

Nelle forme più gravi e non trattate, col tempo possono comparire sintomi più specifici della DPP, che riguardano la relazione madre-bambino, primo fra tutti il fenomeno dell’ “ideazione depressiva puerperale”. La donna inizia ad avere dei veri e propri pensieri intrusivi sul bambino con contenuti quali “lasciarlo cadere”, “annegarlo”, “ferirlo” o generici pensieri che “qualcuno possa far male al bambino” o “qualcosa di brutto possa accadere”. Questi pensieri, o meglio, i tentativi delle madri di far fronte a questi pensieri, esitano nella tendenza a non prendersi cura del bambino e nella messa in atto di comportamenti di evitamento quali: non cambiare il pannolino, non stare vicino alle finestre con il bambino, non fare il bagnetto al bambino, evitare di tenerlo in cucina o mentre si fanno le scale.

Se presenti questi sintomi devono essere identificati precocemente, in quanto sono quelli che provocano le più gravi conseguenze a lungo termine sia a carico della relazione madre-bambino, sia sullo sviluppo stesso del neonato.

E il partner? La Depressione Post Partum può colpire anche il partner.

Circa il 10% dei partner va incontro a Depressione Post Partum similmente a quanto accade alle neo-mamme. Gli studi al momento sono pochi ed il fenomeno risulta quindi apparentemente molto sottostimato. Tuttavia, la comparsa di sintomi simil depressivi nei partner e in particolar modo nei neo-papà ha dato il via ad un nuovo filone di ricerca che si occuperà dell’indagine di questo importante fenomeno.

I neopapà tendono a reprimere le emozioni e a non condividere le difficoltà di adattamento al nuovo ruolo (spesso per paura di sembrare ridicoli). La sensazione di sovraccarico, sfinimento, impotenza e solitudine, insieme alla percezione di essere intrappolati in una nuova vita, che immaginavano molto diversa, può esacerbare in un vero e proprio quadro clinico depressivo. Inoltre spesso i padri riportano una forte sensazione di abbandono, riferiscono di sentirsi dimenticati e trascurati dalle compagne ma anche dai familiari, dal sistema sanitario e anche dalla società.

Cosa fare quando la donna ha uno o più di questi sintomi? Il trattamento della DPP.

Più l’intervento precoce meno consiste la possibilità che la depressione si cronicizzi. Da una ricerca del 2003 è emerso come per le donne “Parlare con qualcuno ed essere ascoltate” rappresenti il più importante fattore terapeutico percepito.
In un’ottica clinica quindi, la terapia della depressione post-partum si basa fondamentalmente sulla psicoterapia. Tuttavia, in una grande percentuale dei casi, questa va integrata con un trattamento farmacologico. La psicoterapia può essere svolta in sia in setting individuale che in setting di gruppo.

Il “gruppo” offre indubbiamente molti vantaggi rispetto alla terapia individuale e, oltre ad avere un costo minore, aumenta considerevolmente la capacità delle singole partecipanti di far fronte alla loro depressione. L’essere coinvolte in attività sociali è infatti un aspetto molto importante, considerando che in genere la nascita di un figlio obbliga a una notevole riduzione di questo tipo di attività. Inoltre, ascoltando le cognizioni distorte di altre mamme come loro, il gruppo funge da amplificatore e consente alle partecipanti di mettere in discussione le loro stesse credenze distorte sulla maternità e sul nuovo
mondo in cui sono immerse.

 

Articolo scritto dalla Dott.ssa Alessia Gatti    

Psicologa, Pscioterapeuta

Studio il Forte

Bibliografia

Leveni, D., & Morosini, P. (2009). Mamme tristi. Vincere la depressione post-parto. Erikson.
Milgrom, J., Martin, P., & Negri, L. (2003). Depressione postnatale. Ricerca, prevenzione e strategie di intervento psicologico. Erikson.
Eddy, B., Poll, V., Whiting, J., & Clevesy, M. (2019). Forgotten Fathers: Postpartum Depression in Men. Journal of Family Issues.