Il PERFEZIONISMO. Di cosa si tratta e come gestirlo.

DESCRIZIONE E DEFINIZIONE

Come possiamo descrivere il perfezionismo? Possiamo ad esempio iniziare da alcune semplici domande:

  • Ti focalizzi più su ciò che non hai raggiunto, rispetto ai traguardi guadagnati?
  • Le altre persone ti hanno mai detto che i tuoi standard sono troppo alti?
  • Sei terrorizzato di non riuscire a raggiungere i tuoi standard?
  • Se raggiungi un obiettivo tendi ad alzare nuovamente gli standard?
  • Tendi a evitare o procrastinare compiti su cui hai paura di fallire?

 

Se le risposte a queste domande sono affermative è possibile che tu abbia tratti perfezionistici, che, se rigidi, possono avere conseguenze negative sul tuo stile di vita e nelle relazioni interpersonali.

Il perfezionismo è quindi l’eccesso di dipendenza nella valutazione di sé dal perseguimento di standard auto-imposti, personalmente impegnativi in almeno un dominio saliente, malgrado questo abbia conseguenze negative. Può essere associato a disturbi prolungati nel tempo, quali disturbi alimentari, d’ansia o depressione (Shafran et al., 2002).

Vi possono essere diversi aspetti che lo contraddistinguono: la tendenza a fissare alti standard personali e valutare il proprio comportamento in modo severo e inflessibile, eccessiva preoccupazione di poter sbagliare, dubbi sulla qualità della propria performance, bisogno di organizzazione e precisione.

Può inoltre essere suddiviso in base al fatto che sia orientato verso di sé o verso gli altri:

  • – il perfezionismo self-oriented che si caratterizza per la continua messa alla prova dei propri standard, che non bastano mai;
  • – il perfezionismo other-oriented in cui vi è la tendenza a imporre standard irrealistici sugli altri e a valutarli in modo rigido;
  • – perfezionismo socialmente prescritto dove vi è l’idea che gli altri abbiano aspettative alte e irrealistiche e che criticheranno e disapproveranno se gli standard non sono raggiunti.

 

ORIGINE DEL PERFEZIONISMO

Spesso dietro al perfezionismo troviamo esperienze di vita caratterizzate da famiglie svalutanti, invalidanti, alle quali la persona ha reagito alzando gli standard, perché era l’unico modo per evitare queste critiche. Oppure famiglie severe e incentrate sul dovere, in cui vi erano alte aspettative e critiche genitoriali.
In ogni caso, dietro all’aspetto rigido di perfezione e standard elevati vi sono idee nucleari di sé di non andare bene, di scarso valore e/o di non amabilità, che la persona ha cercato di colmare o ipercompensare attraverso queste strategie di coping.

ASPETTI POSITIVI E NEGATIVI DEL PERFEZIONISMO

Ma il perfezionismo non è solo negativo, se funzionale e adattivo porta a conseguenze positive quali:

  • – bisogno di ordine, organizzazione, precisione che favoriscono lo svolgimento delle proprie attività;
  • – alti standard personali e aspettative di performance che possono portare a successi lavorativi;
  • – livelli di auto-critica sulla propria capacità di raggiungere le mete e soddisfare gli standard che favoriscono la comprensione di quale livello è possibile raggiungere.

Il perfezionismo adattivo è associato ad una maggiore affettività positiva, minor livello di stress, vergogna, ansia e maggiori livelli di ottimismo, orgoglio e autostima. Maggiore successo e soddisfazione nello studio.

PERFEZIONISMO CLINICO

D’altra parte il perfezionismo clinico o maladattivo è una modalità rigida e disfunzionale di approcciarsi ai compiti da svolgere e agli obiettivi da raggiungere: implica dubbi rispetto alle proprie azioni, preoccupazioni, eccesso di errori e relazioni sociali influenzate da idee perfezionistiche.

Si associa ad affetti negativi come ansia, ostilità e vergogna, depressione e umore disforico, minore successo e soddisfazione nello studio, meno affetti positivi, autostima e fiducia in sé più basse e un generale minor benessere.

COME TRATTARE IL PERFEZIONISMO
MOTIVAZIONE

Innanzitutto è utile fare una lista dei pro e contro per capire quanta motivazione c’è nel cambiare. Spesso, infatti, il perfezionismo è egosintonico (ossia lo si percepisce coerente con i propri bisogni e desideri), ma le conseguenze relazionali e nella propria vita quotidiana possono essere catastrofiche. È bene quindi essere motivati a flessibilizzare questo aspetto della propria personalità, altrimenti diventa ancora più difficile intervenire per cambiare.

PREPARAZIONE

Successivamente è utile fissare degli obiettivi concreti (che non siano perfezionistici!) che permetteranno di trovare strategie adeguate per raggiungerli. Ad esempio “essere meno severi con se stessi” è un obiettivo troppo generico che potrebbe essere operazionalizzato così: “non criticarmi se esco 10 minuti prima da lavoro” o “complimentarmi con me stesso anche se il risotto è venuto poco salato”.
Gli obiettivi inoltre devono essere a medio (quotidiani o settimanali) e lungo (mensili, annuali) termine a seconda delle proprie capacità ed esigenze.

PENSIERI

È utile poi mettere in discussione i propri pensieri quando si è terrorizzati dal fatto che qualcosa esca dal proprio controllo o che si possa commettere qualche errore. Iniziate a notare (ed annotare) questi tipi di pensieri e cercare poi un’alternativa, magari chiedendovi cosa farebbe una persona che stimate, vedendo le cose in modo più realistico e costruttivo, scendendo a patti con il vostro perfezionismo (“quanto posso accettare di essere imperfetto?”).

COMPORTAMENTI

Dal punto di vista del comportamento è utile poi esporsi a situazioni “imperfette”, partendo magari da quelle che sono meno preoccupanti per noi, per abituarci all’idea. Ad esempio, iniziare a lasciare l’asciugamano per terra può essere più facile che non portare a termine un lavoro di ufficio.
Questo comportamento porterà disagio o ansia, che va gestita attraverso esercizi di rilassamento, dialogo interno funzionale o semplicemente stando con questa emozione che prima o poi se ne va.
Se ci esponiamo ripetutamente, ad esempio a lasciare l’asciugamano a terra, gradualmente ci abitueremo alla situazione e non percepiremo più l’ansia, potendo passare all’esposizione successiva.

QUANDO CHIEDERE AUITO AD UN PROFESSIONISTA

A volte non basta mettersi d’impegno, vi sono infatti condizioni che richiedono un aiuto per uscire dalla trappola del perfezionismo. Se vi sentite soverchiati dalla critica, avete conseguenze sul tono dell’umore, un elevato livello di attivazione emotiva e le relazioni interpersonali diventano ingestibili, forse è meglio rivolgersi ad professionista, meglio se cognitivo comportamentale, per avere un aiuto ad ampio spettro, comprendere quali sono i “blocchi” e fornirvi le strategie più utili per il vostro caso.

Ricordandovi sempre che né la terapia né il terapeuta sono perfetti, ma che è proprio grazie ai dubbi, alle imperfezioni che è possibile flessibilizzarsi e imparare dai propri errori, per vivere una vita degna di essere vissuta anche nell’imperfezione!

 

Dott.ssa Laura Caccico,
Psicologa, Psicoterapeuta
Studio il Forte
BIBLIOGRAFIA

Shafran R, Cooper Z, Fairburn CG, (2002). Clinical perfectionism: a cognitive-behavioural analysis. Behaviour Research Therapy. Jul; 40 (7):773-91.

Martin M. Antony, Richard P. Swinson, e al., (2018). Nessuno è perfetto. Strategie per superare il perfezionismo. Erickson, Trento.